Vegana, leggera, “da signori”: più che diversamente napoletana la pizza di Lioniello sembra milanese
Il pizzaiolo casertano apre a Milano il suo secondo locale “e sarà l’ultimo mio con posti a sedere” e ci racconta affinità e divergenze tra Succivo e Milano. Due mondi diversi che si incontrano, ecumenicamente, in una pizza.
Ha tutte le carte in regola la pizza di Salvatore Lioniello per piacere agli sciuri e alle sciure milanesi. Il pizzaiolo – 3 spicchi sulla Guida Pizzerie 2024 del Gambero Rosso – ha aperto a Milano in viale Friuli un locale da 110 coperti in sala e 14 nel privé. Siamo andati a trovarlo per indagare sul grande sbarco: da Succivo, “6000 anime nell’Hinterland casertano”, alla piazza più ricca – ma anche difficile – d’Italia.
Arriviamo (in tram) e, dalle 9 vetrine su strada, lo vediamo passare più volte con la macchina in cerca di parcheggio. Alla fine arriva, zainetto, piumino e il Borsalino che l’ha reso famoso, richiamo a Sampei, il ragazzo pescatore protagonista del manga e alla sua passione per la pesca.
Parcheggi a parte, com’è il primo impatto con Milano, dove al momento abiti?
È tutto nuovo, è un ricominciare da zero mi devo ancora ambientare, mi perdo due o tre volte al giorno. Milano ha riposto oltre le aspettative anche se abbiamo un pubblico più del Sud che milanese, ci vengono a trovare tante persone che mi seguono sui social però anche i milanesi apprezzano. Vedono che la pizza non ha un cornicione così presente, oggi si fa la gara a chi fa il cornicione più alto.
Ma i milanesi ci capiscono di pizza?
Ormai sono diventati tutti cultori, durante la pandemia hanno fatto almeno una volta la pizza a casa, ci sono tantissimi clienti che mi sono venuti a trovare, milanesi e non, che a casa si sono costruiti il forno, si è alzata molto l’asticella. E molti fanno bene a farsi la pizza a casa piuttosto che intossicarsi in certe pizzerie.
Veniamo all’impasto, che hai definito “diversamente napoletano”
È un impasto diverso dal napoletano tradizionale, facciamo un doppio pre-fermento, supera anche l’80% di idratazione. Il milanese ci sta apprezzando tanto perché non è una pizza che stanca, resta sempre scioglievole e piacevole. E la pietanza è bene evidente al centro della pizza.
Fate anche pizze vegane
Nel 2014 nasco con un concetto di pizza all’80% vegana perché sono stato vegano per tre anni, poi sono tornato a essere vegetariano e negli ultimi sei anni ho eliminato la carne, a volte mangio il pesce, ma non tocco latticini.
Un pizzaiolo che non mangia mozzarella?
A volte l’assaggio, la domenica, ma preferisco evitare.
Le tue vegane preferite?
C’è la zuccona (vellutata di zucca, melanzane arrostite sotto olio aceto aglio e peperoncino con salsiccia di soia e mozzarisella fumé, una mozzarella fatta di riso, 15 euro). E i nostri cavalli di battaglia, Ribelle, MyDad, che mi ha fatto vincere il mondiale nel 2014 e l’Ortese, che è dedicata al mio paese natio Orta di Atella, le ho riportate in versione vegana.
Le pizze che piacciono a Milano saranno diverse, ipotizziamo, da quelle preferite a Succivo
Certo. Giù le pizze che vanno di più sono la MyDad, la Ribelle e l’Ortese, le mie signature, e la Mortadella con doppia consistenza di pistacchio, mortadella, scaglie di Parmigiano e bufala tagliata al momento. A Milano scelgono le più classiche, anche se la Provola e pepe batte la Margherita, poi l’Ortolana [da sempre la pizza dalla sciura, NdS, che in questo caso significa Nota della Sciura redattrice] e la Salsiccia e friarielli, piatto tipico campano. Poi chiunque assaggia la Marinara dei signori rimane colpito.
Cos’è?
Doppia consistenza di pomodoro che arrostiamo noi e un pomodoro semi-dried, olive nere caiazzane, alici di Cetara e un olio di un piccolo frantoio del casertano infuso con aglio di Nubia e origano di Pantelleria (13 euro). Semplicissima, per me la Marinara insieme alla Margherita è la tesi di laurea di ogni pizzaiolo. Se riusciamo a colpire il cliente con quelle due pizze abbiamo vinto.
Anche sul caffè Succivo e Milano sono due mondi diversi
Giù non lo faccio e non lo volevo fare nemmeno qui. Papà diceva “o ccafé l’adda fa’ chi è ddo’ mestiere”, il barista, perché da noi il caffè è una cosa seria. Come la pizza. Quando scendo mi devo prendere tre caffè subito. In pizzeria portare un caffè a tavola che non è come quello che piace a noi rischia di rovinare tutta la degustazione.
E a Milano il caffè non è una cosa seria?
Frequentandola per un anno – il tempo che ci ho messo per realizzare la pizzeria, ero qui ogni lunedì – ho girato molto e ho capito che devi ragionare con una mentalità un po’ più imprenditoriale. La sera fai 200 coperti, 150 caffè a 1,50 euro e ti paghi tre dipendenti. Qui abbiamo capito che a ogni fine pasto, anche se si prende l’amaro e il dolce, vogliono il caffè. Punto.
Uno straniero ha chiesto anche un cappuccino per affiancandolo alla pizza, ma qui iniziamo ad andare davvero oltre, non esiste proprio. Abbiamo optato per il caffè perché il cliente ha sempre ragione, ma fino a un certo punto!
So che ti piace girare per ristoranti e pizzerie, cosa ne pensi della scena gastronomica milanese?
Sono un grande appassionato di cucina e non posso non notare che c’è tanta Campania, senza offesa. Da Seta di Antonio Guida ho mangiato divinamente, ci sono tanti chef bravi ma anche tanti campani che riescono a portare un pizzico della loro cultura, e lo fanno bene. Ad esempio da Modus ho mangiato una grande pizza, nelle pizze di Paolo trovi il Cilento, come qui ti devi trovare a casa di mia nonna perché ci sono dei ricordi d’infanzia che ho voluto portare in alcune pizze.
La logistica per gli ingredienti, che vengono dalla Campania, è complicata?
Molto. Per noi è stato una difficoltà perché fortunatamente nasciamo in un posto dove abbiamo tutto e vicino. Esco dal mio cancello a 50 metri sulla strada ho l’Asprinio di Aversa [la “bollicina” di punta di Lioniello, che ha una settantina di etichette in cantina, NdS]. Dalla pizzeria vedo i vigneti, a 125 metri ho il mio pomodoro che viene raccolto e poi trasformato dall’azienda La Rosina a 10 km da me, abbiamo 2000 metri quadri di terra dove dei contadini lavorano per noi e ci portano ciò che offre la stagione. La mozzarella di bufala spezzata a mano è di un piccolo caseificio che ha giusto quelle quattro mucche e non riusciamo ad averne più di 20 kg al giorno. Quindi per Milano abbiamo dovuto cercare altri fornitori.
Prevedi altre aperture in futuro?
Questo di Milano sarà il secondo e ultimo mio locale con posti a sedere, perché voglio avere la qualità nei dettagli, tutto studiato, voglio dei locali belli, che sono il mio vestito su misura, che identificano Salvatore Lioniello, i suoi viaggi in Oriente e voglio cercare di far vivere un’avventura culinaria a ogni singolo cliente che mi onora nel venire nel mio locale.
Però stai studiando un format take away
Porterò sicuramente sul mercato qualcosa di diverso, con la mia visione, sotto le mie mani, e ovunque andrà sarà la pizza di Lioniello nel vero senso della parola. Non è la pizza napoletana che vedi uscire da questo forno [indica il famoso forno a forma di cappello, realizzato appositamente per lui, NdS] è un format che sto studiando da sei anni e ora sono riuscito a mettere a punto il progetto per poterlo realizzare. Può darsi che il primo locale verrà aperto a Milano. Non dico di più. Oggi si può portare la pizza in tutto il mondo, dipende da cosa si vuole fare e le capacità comunicative, imprenditoriali ma anche lavorative che sono forse più importanti anche della comunicazione e del lato economico.
Chiudiamo con la rituale domanda sul personale a Milano
In pizzeria e cucina ci sono i miei ragazzi portati da giù e non ho alcun problema, sulla sala sto cercando di organizzarmi, ci sono state delle pecche, ci sta, abbiamo aperto da due settimane. E se non si ammettono gli errori, non si cresce e non si migliora mai.
Fonte: Gambero Rosso